La difesa di Moggi è riuscita a smontare una grandissima parte del castello accusatorio (unicità di rapporti con i designatori, sorteggio truccato, sequestro Paparesta) e ha avuto il merito di far emergere un modo improprio di indagare, per correre dietro soltanto ai misfatti di Moggi, trascurando o proteggendo dirigenti di altre società che, nel corso di alcune telefonate intercettate, avevano dei comportamenti criticabili. Il pool difensivo di Moggi ha quindi portato alla luce la strana modalità di selezione delle telefonate e non mi riferisco solo all’occultamento delle telefonate riguardanti altre squadre ma anche a quelle che erano a discolpa degli imputati. Quelle in cui, ad esempio, Pieri (secondo l’accusa un associato) si dispiaceva al telefono con Pairetto (ritenuto promotore dell’associazione) per gli errori commessi in Bologna – Juventus. Oppure la telefonata tra Bertini e Bergamo in cui il primo si disperava per il mancato vantaggio concesso a Kakà. Oppure Bergamo che, parlando con Pairetto, sperava in un pareggio tra Juventus e Milan e mostrava l’assoluta indifferenza verso chi avrebbe vinto il tricolore: non proprio il comportamento che ci si aspetterebbe da due associati che avevano come obiettivo far vincere lo scudetto alla Juventus. Ma ce ne sono altre di intercettazioni incredibilmente scartate dall’accusa che, in generale, ha omesso di segnalare tutto ciò che andava in senso opposto a quello che si intendeva dimostrare. Quindi, se non fosse stato per il grande lavoro della difesa di Moggi, che si è potuto permettere di fare una controinchiesta, non avremmo mai conosciuto questi fatti. Soprattutto non avremmo mai saputo che chiamare i designatori era pratica diffusa in quasi tutte le società di Serie A: lo facevano Spalletti per l’Udinese, Meani per il Milan, Facchetti per l’Inter, Campedelli per il Chievo, Capello quando allenava la Roma (dice Bergamo), Zamparini e Foschi per il Palermo, Cellino per il Cagliari e sicuramente ne ho dimenticato qualcuno.
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