Il mistero di Calciopoli: le schede svizzere (parte prima)

La difesa di Moggi è riuscita a smontare una grandissima parte del castello accusatorio (unicità di rapporti con i designatori, sorteggio truccato, sequestro Paparesta) e ha avuto il merito di far emergere un modo improprio di indagare, per correre dietro soltanto ai misfatti di Moggi, trascurando o proteggendo dirigenti di altre società che, nel corso di alcune telefonate intercettate, avevano dei comportamenti criticabili. Il pool difensivo di Moggi ha quindi portato alla luce la strana modalità di selezione delle telefonate e non mi riferisco solo all’occultamento delle telefonate riguardanti altre squadre ma anche a quelle che erano a discolpa degli imputati. Quelle in cui, ad esempio, Pieri (secondo l’accusa un associato) si dispiaceva al telefono con Pairetto (ritenuto promotore dell’associazione) per gli errori commessi in Bologna – Juventus. Oppure la telefonata tra Bertini e Bergamo in cui il primo si disperava per il mancato vantaggio concesso a Kakà. Oppure Bergamo che, parlando con Pairetto, sperava in un pareggio tra Juventus e Milan e mostrava l’assoluta indifferenza verso chi avrebbe vinto il tricolore: non proprio il comportamento che ci si aspetterebbe da due associati che avevano come obiettivo far vincere lo scudetto alla Juventus. Ma ce ne sono altre di intercettazioni incredibilmente scartate dall’accusa che, in generale, ha omesso di segnalare tutto ciò che andava in senso opposto a quello che si intendeva dimostrare. Quindi, se non fosse stato per il grande lavoro della difesa di Moggi, che si è potuto permettere di fare una controinchiesta, non avremmo mai conosciuto questi fatti. Soprattutto non avremmo mai saputo che chiamare i designatori era pratica diffusa in quasi tutte le società di Serie A: lo facevano Spalletti per l’Udinese, Meani per il Milan, Facchetti per l’Inter, Campedelli per il Chievo, Capello quando allenava la Roma (dice Bergamo), Zamparini e Foschi per il Palermo, Cellino per il Cagliari e sicuramente ne ho dimenticato qualcuno.

La difesa dell’ex dg bianconero ha quindi avuto il merito di far emergere delle verità che ci sono state incredibilmente nascoste dagli inquirenti, ma per quanto mi riguarda non è stata particolarmente convincente sull’argomento forse più delicato e importante dell’intero processo, ossia il possesso e la presunta consegna di schede svizzere ad arbitri. Le schede venivano usate per il mercato – dicono – eppure non è stato fatto venire in aula a deporre un solo procuratore o agente di calciomercato che confermasse che svolgeva operazioni di mercato con Moggi su scheda svizzera. È vero che è l’accusa che deve dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che le schede le usavano alcuni arbitri e non i procuratori e, dopo una serie infinita di fallimenti, almeno in questo i pm hanno avuto successo… ma se la persona con cui Moggi parla in alcune telefonate di rimbalzo non è l’arbitro Racalbuto, allora mi chiedo per quale motivo tale persona non è stata convocata a testimoniare sotto giuramento e a distruggere definitivamente la tesi dell’accusa. Anche la logica vuole la sua parte.

La scoperta delle SIM

Il capitolo sulle SIM svizzere nasce il 9 febbraio 2005 quando i carabinieri di via In Selci ascoltano una telefonata che parte, all’una di notte, dall’utenza fissa del designatore Paolo Bergamo verso un’utenza svizzera del gestore Sunrise: 741 finale (ultime tre cifre del numero) al quale risponde Luciano Moggi. Questo numero, in seguito all’accertamento anagrafico che i carabinieri hanno effettuato, è risultato essere intestato al sig. Arturo De Cillis, padre di Teodosio, che è il titolare del negozio di telefonia a Chiasso. Il 10 novembre del 2009 depone, in qualità di testimone al processo di Napoli, il maresciallo dei carabinieri che si è occupato del ramo svizzero dell’indagine: Di Laroni. Il quale ci dice che, dopo aver individuato dall’analisi del tabulato telefonico relativo al numero svizzero in uso a Moggi dei contatti con sole altre due schede straniere dello stesso tipo (anch’esse intestate ad Arturo De Cillis), richiesero all’autorità giudiziaria di monitorare (intercettare) queste tre utenze, che erano citofoniche: si chiamavano solo tra di loro. Riassumendo: si scopre la scheda svizzera di Moggi perché Bergamo la chiama dal fisso di casa sua (che era sotto intercettazione); si richiede il tabulato telefonico del numero svizzero ai gestori italiani; dal tabulato si osserva che la SIM usata da Moggi ha contatti con altre due SIM svizzere; si procede all’intercettazione delle tre utenze.

I due numeri scoperti dall’analisi dell’utenza in uso a Moggi sono la 284 finale, attribuita a Bergamo, e la 213 finale, attribuita a Pairetto. I carabinieri chiedono quindi di poter intercettare le tre schede e ottengono l’autorizzazione dall’autorità giudiziaria, ma l’attività ha esito negativo: le utenze non producono più traffico e vengono staccate dopo una quindicina di giorni, dice Di Laroni. Si scoprirà poi che la scheda attribuita a Bergamo avrà avuto qualche contatto con il numero della moglie, ma è un dato ininfluente: il designatore ha ammesso l’uso della scheda riservata, consegnatagli da Moggi durante la cena di Natale del 2004, nel corso della quale l’ex designatore gli manifestò il sospetto di essere intercettato. L’avvocato Prioreschi è di contrario avviso e nel corso della sua arringa afferma di aver individuato dall’elenco delle telefonate intercettate otto registrazioni da quei tre numeri, tutte di pochi secondi (probabilmente tentativi di chiamata) tranne una che dura poco più di un minuto. Sarebbe stato sufficiente ascoltare la conversazione di 66 secondi per avere la certezza di chi erano i due interlocutori. I file audio però non si trovano nel server: sono spariti.

I carabinieri decidono stranamente di non andare da De Cillis padre a chiedere informazioni sulle tre utenze a lui intestate, forse per mantenere segreta l’indagine, e non accade più nulla (tranne qualche telefonata di rimbalzo che analizzerò nei prossimi articoli) fino al maggio del 2006 quando l’inchiesta è portata a conoscenza dell’opinione pubblica e Teodosio De Cillis si reca spontaneamente a Como e in qualche modo (in verità non è chiarissimo) deposita un documento fondamentale per la tesi accusatoria: un elenco di 9 numeri di SIM straniere, tutte del gestore svizzero Sunrise e intestate a suo padre, che erano state vendute a un collaboratore di Moggi nel giugno del 2004. Questo è il motivo per il quale le schede svizzere non sono state tutte intercettate: tecnicamente tutte le utenze (italiane, straniere, intestate, anonime) che viaggiano sul territorio italiano sono intercettabili dall’autorità giudiziaria italiana, ma per intercettarle è ovviamente necessario conoscere i numeri telefonici. I carabinieri durante l’attività investigativa (2004/05) erano solo a conoscenza delle prime tre utenze emerse in quest’inchiesta (e infatti procedono ad intercettarle) ma non erano ancora a conoscenza delle altre in quanto, come si è detto, le scopriranno nel maggio del 2006, quando De Cillis si recherà a deporre a Como. Comunque sia, c’è un particolare interessante in questa storia: una volta scoperte le prime tre schede svizzere, i carabinieri avrebbero anche potuto verificare se ad Arturo De Cillis fossero intestate ulteriori utenze… ma non l’hanno fatto. In caso contrario, ammesso che nel foglietto di De Cillis siano annotati i numeri delle schede vendute a Moggi e non siano riportati numeri venduti ad altre persone, avrebbero trovato le altre sei schede e avrebbero potuto intercettarle.

L'elenco di De Cillis pubblicato da Nicola Penta, consulente di Luciano Moggi, sul suo profilo Facebook
L’elenco di De Cillis pubblicato da Nicola Penta, consulente di Luciano Moggi, sul suo profilo Facebook

Si scoprirà che a comprare le schede svizzere per conto di Moggi è andato Bertolini, dipendente della Juventus. Egli stesso riferisce sotto giuramento che nel giugno del 2004 si era recato a Chiasso per comprare una decina di schede che dovevano necessariamente essere non intestate o intestate a terzi, altrimenti non le avrebbe prese (cfr. deposizione Bertolini). Effettivamente il racconto di Bertolini sembra coerente con l’elenco delle 9 SIM depositato da De Cillis. Tuttavia nelle parole dell’italo-svizzero ci sono alcune stranezze: quando fu sentito la prima volta dai carabinieri nell’estate del 2006 ha riferito di aver venduto, nel giugno del 2004, solo tre o quattro SIM a Bertolini, ma nel corso delle successive deposizioni corregge il tiro e produce un elenco di 9. In effetti potrebbe anche essere stato un normalissimo errore, visto che Bertolini afferma di averne comprate una decina. Seconda stranezza: De Cillis dice di aver preso i numeri da un quaderno nel quale aveva annotato le schede che venivano fittiziamente intestate a se stesso o ai suoi familiari e poi vendute… perché tale quaderno non è stato sequestrato e analizzato dai carabinieri?

Una volta in possesso dell’elenco delle 9 SIM che costituiscono il primo gruppo, di cui le prime tre schede emerse fanno parte, i carabinieri provvedevano a richiedere ai gestori italiani (TIM, Vodafone, Wind) i tabulati relativi alle restanti sei schede. Dall’analisi del traffico telefonico, che si approfondirà in seguito, i marescialli Di Laroni e Di Foggia attribuiranno con ottimo grado di probabilità le restanti sei tessere telefoniche agli arbitri Pieri, Paparesta (la scheda la usa maggiormente il padre, a volte il figlio), Racalbuto, Cassarà, Dattilo e l’ultima, la 194 finale, nuovamente a Moggi. Dall’analisi dei tabulati si evince che alcune si queste, oltre ad avere contatti tra di loro, avevano contatti sia con telefoni di gestori italiani ma anche con ulteriori 12 utenze Sunrise. Per la terza volta, allora, si provvedeva a richiedere ed analizzare i tabulati di queste ulteriori 12 SIM per poterle attrubuire, non essendo più possibile, per motivi non meglio specificati, chiedere l’anagrafica, cosa che è stata possibile solo per le prime tre. Infatti il Centro di cooperazione delle polizie doganali di Chiasso non era più in grado di risalire allo storico di intestazione delle SIM, ma si poteva tuttavia individuare un probabile utilizzatore analizzando i numeri chiamati e le celle telefoniche agganciate da ciascuna utenza. Il secondo gruppo (quello delle 12) genera, esattamente nella stessa maniera delle prime schede, un terzo gruppo di 10 SIM per le quali si procederà nello stesso modo e da cui si individuerà un quarto gruppo dal quale emergeranno altre utenze svizzere e una scheda slovena che verrà attribuita a Moggi.

I carabinieri non riusciranno ad attribuire tutte le schede emerse. Il quadro finale è il seguente:

  • sette a Moggi
  • due a Fabiani (ds del Messina)
  • due a Bergamo
  • due a Pairetto
  • due ai Paparesta (ma il padre dice di averne ricevute quattro-cinque in due anni)
  • tre a Racalbuto
  • due a Pieri
  • una a De Santis
  • una a Bertini
  • una a Cassarà
  • una a Dattilo
  • una a Gabriele
  • due ad Ambrosino (guardalinee)

Già in alcune telefonate intercettate sui numeri italiani di Moggi e dei due designatori, i carabinieri hanno avuto il forte sospetto che gli indagati intrattenessero dei contatti su canali di comunicazione alternativi allorché nel corso di varie telefonate dicevano, ad esempio, hai acceso l’altro telefono? e cose simili. Si aggiunga a questo la telefonata intercorsa tra Paolo Bergamo e Massimo De Santis l’11 gennaio 2005 (prog. 17245, menzionata a pag. 427 dell’informativa di aprile 2005) in cui l’arbitro romano parla di un non meglio precisato contatto che Moggi ha iniziato ad avere con alcuni arbitri. In seguito un brevissimo stralcio della telefonata.

De Santis: Però Paolo vedi questo secondo me è tutta tutta una situazione che è venuta a seguito di arbitri che erano secondo me scontenti e che l’errore grosso è stato il contatto, io gliel’ho sempre detto, il contatto che lui ha cominciato ad avere con gli arbitri, questo…
Bergamo: Chi lui, scusa?
De Santis: Luciano.

A mio avviso questa intercettazione costituisce un ulteriore significativo indizio riguardo al fatto che Moggi avesse ideato e promosso un canale di comunicazione diretto con alcuni arbitri, tra cui De Santis, che secondo l’accusa avrebbe ricevuto la scheda il 6 gennaio 2005 dopo Parma – Juventus 1-1, periodo nel quale gli stessi pm sostengono che l’arbitro si fosse sdoganato. Non è comunque da escludere, nella ricostruzione fattuale, che già prima De Santis parlasse in qualche modo con Moggi, come si evince dalla stessa telefonata di cui sopra: io gliel’ho sempre detto e come si evincerebbe da una sua telefonata con il guardalinee Ceniccola in seguito alla partita tra il Lecce e la Juventus del 14 novembre 2004. In questa telefonata, infatti, De Santis riferisce all’amico guardalinee che se avesse voluto delle magliette bianconere avrebbe potuto procurargliele lui chiamando e chiedendole a Moggi, il quale nel corso della telefonata non viene mai menzionato direttamente per nome ma è evidente che il riferimento fosse al dg juventino (prog. 792, a pag. 430 dell’informativa di aprile 2005). Ovviamente non si vuole focalizzare l’attenzione sulle magliette, episodio per il quale i pm si sono inventati una comica ipotesi di frode sportiva per la quale tutti gli imputati sono stati assolti. In ogni caso, non ci sono veri e propri accertamenti investigativi (tabulati, intercettazioni) che consentono di affermare l’esistenza di contatti tra De Santis e Moggi prima del 6 gennaio 2005. Infine è bene ricordare l’esistenza di varie intercettazioni tra De Santis e dirigenti di altre squadre, quali Meani e Facchetti. Telefonate che non sono state ritenute rilevanti da chi indagava… più precisamente da Auricchio.

Continua…

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